Certificazione Halal per islamici, la nuova sfida dell’agroalimentare

Mozzarella di bufala certificata Halai

Halal” è un sostantivo arabo che significa “lecito” e indica tutti quei prodotti che rispettano le prescrizioni del Corano e della Sharia e che, quindi, possono liberamente essere mangiati o utilizzati dagli osservanti musulmani. Per alcuni Paesi islamici quello halal è un requisito doganale imprescindibile per l’entrata e la commercializzazione di alcuni generi alimentari.
Si tratta, dunque, di una certificazione esenziale per emhtare in questi mercati e anche presso i consumatori di religione islamica in tutto il mondo il cui numero è in costante e rapida crescita.
Secondo il report di Euromonitor, i consumatori di prodotti a marchio halal costituiscono un mercato di circa 2 miliardi di persone ed entro il 2030 peseranno per il 26 per cento dei consumi mondiali.
Si tratta dunque di una sfida importante per i produttori dell’agroalimentare anche italiano che devo prestare sempre maggiore attenzione a questa certificazione.
Come ha fatto di receente, per esempio, il Consorzio per la mozzarella di bufala campana Dop certificata, appunto Halal. Peraltro secondo i dati del Consorzio nel 2016 sono stati prodotti 10.660.231 chilogrammi di mozzarella di bufala campana “halal”, pari al 24 per cento del totale. Vuol dire che 1 mozzarella Dop su 4 è destinata a consumatori musulmani.
Cresce anche il numero di caseifici certificati, che oggi rappresentano il 20 per cento degli iscritti al Consorzio di Tutela in tutta l’area di produzione della Dop (Campania, basso Lazio, Capitanata in Puglia e Venafro in Molise). Il successo è frutto da un lato della conquista di nuovi mercati in Paesi asiatici di fede islamica, come gli Emirati Arabi, e dall’altro di un gradimento crescente verso la mozzarella Dop da parte dei consumatori musulmani in tutta Europa, a cui viene offerto un prodotto ad hoc.
Le differenze della mozzarella di bufala “halal” non sono da ricercare nel prodotto, ma nel percorso lavorativo, che prevede vincoli dettati dalla religione islamica, come ad esempio l’utilizzo di prodotti senza alcol per la pulizia degli impianti e l’impiego di caglio di origine animale certificato “halal”. Ma la svolta fondamentale è la verifica, da parte di autorevoli rappresentanti della comunità islamica, della correttezza dei procedimenti e dell’assenza di sostanze che, pure inavvertitamente, potrebbero rendere il prodotto non lecito per l’Islam.