Al Vinitaly l’appuntamento del vino europeo
Sono stati il Ministro Maurizio Martina e il commissario europeo all’Agricoltura e allo sviluppo rurale Phil Hogan a inaugurare a Verona Vinitaly giunto alla 51esima edizione.
«Vinitaly ha segnato l’agenda di governo sull’agricoltura del Paese e continuerà a farlo. E come avevo fatto in passato proprio qui, da dove insieme ai vertici di Veronafiere e al mondo agricolo e del vino ci ponemmo il tema del Testo Unico del Vino, della dematerializzazione dei registri digitali, del piano sull’internazionalizzazione e dell’agenda digitale, oggi mi prendo l’impegno, annunciando che entro la fine di luglio avremo la prima bozza del testo del Codice agricolo unico» ha detto Martina.
All’inaugurazione i produttori incassano una promessa da Robert Yang, presidente e ad di 1919: «Puntiamo a raggiungere grazie al commercio online e offline almeno 500 milioni di renmimbi per il vino italiano, con non meno di 2 milioni di bottiglie vendute, delle quali almeno un milione di vino di alta gamma».
Nel 2016 Vinitaly aveva accreditato 50mila buyer esteri e quest’anno, grazie all’attività di incoming condotta insieme a ICE-Agenzia c’è stato un incremento sensibile di nuovi operatori esteri, per la prima volta presenti al Salone internazionale del vino e dei distillati di Verona.
Vinitaly, Sol&Agrifood e Enolitech quest’anno vedono la presenza di 4.768 aziende. Vinitaly, da solo, conta 4.272 espositori da 30 Paesi, con un incremento del 4% sull’anno precedente e una crescente importanza di presenze estere.
Vinitaly ha anche l’obiettivo di formare esperti che, di fatto, rappresentano una comunità di ambasciatori del vino made in Italy. E questo grazie a Vinitaly International Academy e a format originali come OperaWine, Wine2Wine, Enolitech, Vinitaly&TheCity, Vinitaly Wine Club, 5 star Wines “The Book”, Sol & Agrifood.
«Il risultato è un modello originale di fiera basato su tre dimensioni: internazionalizzazione, formazione, innovazione – specifica Danese -. Elementi determinanti per assecondare il trend di crescita del vino italiano sui mercati internazionali». Solo nel 2016, come ricorda il presidente di ICE-Agenzia, Michele Scannavini, «le esportazioni hanno raggiunto i 5,6 miliardi di euro, con un incremento del 4,4% sul 2015».
Quest’anno, gli obiettivi principali dell’internazionalizzazione si concentrano su Stati Uniti e Cina, nell’ambito comunque di un incoming che nel 2016 ha visto a Vinitaly la presenza di buyer da 140 Paesi.
Nella giornata inaugurale sono stati diffusi anche i dati Ismea che vedono il vecchio Continente come leader indiscusso nella produzione di vino.
Complessivamente sono 166 i milioni di ettolitri di vino prodotti, per un fatturato export di circa 20mld di euro. Si tratta quindi di quasi i 2/3 della produzione mondiale e circa il 70% della quota di mercato globale. E la crescita sembra non arrestarsi nonostante la concorrenza dei produttori emergenti. Nel periodo 2010-2016 il valore delle esportazioni dei produttori europei è cresciuto infatti del 37%, per contro gli scambi mondiali hanno registrato un aumento del 33%. Nel dettaglio sono Francia (8,3mld di euro), Italia (5,6mld di euro), Spagna (2,6mld di euro), Germania (931mln di euro), Portogallo (727mln di euro), e Regno Unito (606mln di euro) i primi 6 Paesi produttori della Ue a 28. Completano la top 10 i Paesi Bassi, l’Austria, il Belgio e la Danimarca. I top 6 exporter sommano complessivamente ben oltre il 90% delle vendite Ue; tra questi l’incremento più importante tra il 2010 e il 2016 lo segna l’Italia (+43,5% in valore), seguita dalla Spagna (+40,2%), dalla Francia (+30,3%), dal Regno Unito (+24,1), dal Portogallo (+18,4%) e dalla Germania (+5,8%), per una volta con un trend commerciale nettamente inferiore a quello italiano.