Nel 2016 food & beverage in ripresa

Lo scorso anno in tutta Europa sono ripresi gli acquisti dei beni di largo consumo con un aumento di fatturato di 4,3 miliardi di euro rispetto al 2015 pari allo 0,9%. Bene in particolare il comparto food & beverage.  E’ quanto emerge dall’annuale rapporto Nielsen che evidenzia come il 61% della variazione positiva del conparto alimentare sia dovuta a freschi. dolci e snack.
Nello specifico i cibi freschi, considerando tutte le 9 nazioni, determinano il 38% della crescita complessiva (1,6 miliardi di euro), il comparto dolci/snack il 23% (1 miliardo di euro) e gli alcolici il 20% (849.000 euro). Queste tre categorie, una volta sommate, motivano da sole l’80% della rimonta.
E in Italia? Anche qui abbiamo una conferma positiva. “Questa fase – spiega Romolo de Camillis, retailers director di Nielsen Italia  – è confermata anche in Italia, dove la ripresa dei consumi si può interpretare alla luce di un buon andamento dell’indice di fiducia delle famiglie. Altro dato interessante è l’aumento dei freschi confezionati, avvenuta spesso a discapito del fresco sfuso, che rappresenta, in ogni caso, un elemento strategico per i retailer, sia in termini di attrazione della clientela sia d’immagine. Se ci si sofferma, tuttavia, sulle bevande alcoliche, si scopre che gli aumenti sono da attribuire soprattutto al rialzo dei prezzi”.
Anche Federalimentare concorda sul positivo momento della domanda. “L’alimentare, che su gennaio-ottobre navigava ancora su un +0,3% rispetto allo stesso periodo 2015, ha totalizzato, in chiusura, un +1,1%, che è il migliore incremento dal 2010 – ha spiegato il presidente della Federazione, Luigi Scordamaglia -. È una netta inversione di tendenza, dopo il deludente -0,6% con cui si era chiuso il 2015”. Insomma una velocità d’uscita interessante per il 2017, “anno che dovrebbe segnare per la prima volta variazioni positive per tutti e tre i grandi parametri congiunturali, non solo produzione ed export, ma anche vendite interne”.
Dati che sono confermati anche da Federdistribuzione la quale, tuttavia, nei giorni scorsi ha messo in guardia sui rischi di una gelata dei consumi qualora, in attuazione delle clausole di salvaguardia Ue, si decidesse un aumento dell’Iva “che porterebbe, nel complesso, a un innalzamento dei prezzi di circa il 2% e a una riduzione dei consumi dell’1,8%”.

Stefano d’Andrea